Può un pazzoide che si auto-definisce “sociopatico iperattivo” curare e annullare la crisi d’astinenza psicosomatica di un soldato appena tornato dal fronte? Se i due soggetti in questione rispondono al nome di Sherlock Holmes e John Watson, la risposta è si.
I due personaggi non vi suoneranno affatto nuovi, anzi, Sir Arthur Conan Doyle ce li ha fatti conoscere tempo fa e in più salse grazie alle varie rivisitazioni, ma questa in chiave moderna ambientata nei nostri giorni in una Londra multietnica ed estremamente criminale, le cose cambiano. La versione in serie televisiva firmata BBC è a dir poco strabiliante, a partire dalla cura dei dettagli alla colonna sonora azzeccata e assolutamente accattivante.
Preparatevi dunque a farvi letteralmente investire dal genio psicopatico di Sherlock, consulente investigatore della polizia londinese ed assiduo frequentatore di obitori per scopi scientifici a sua definizione, che incontrerà in un giorno qualunque il suo futuro coinquilino John Watson, soldato appena rientrato dall’Afganistan con evidenti disagi mentali. A fare da sfondo a questo idilliaco incontro, vi è una serie di suicidi-omicidi che metteranno in moto non solo la loro collaborazione sul campo investigativo, ma anche ad una splendida e apparentemente ambigua, amicizia.
Nella visione contorta e confusionaria di Sherlock, regna in realtà un ordine preciso e schematico che il regista ci illustra tramite scritte sullo schermo, come se fossero delle “finestre” sulla sua mente.
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